San Clemente viene menzionato per la prima volta nel censimento del 1371 eseguito dal cardinale Anglic de Grimoard per conto della Santa Sede. In questa prima ricognizione topografico fiscale delle Romagna, il cui primo nucleo abitato è ricordato come Villa Capelle Sancti Clementi.
San Clemente appare quindi, alla fine del XIV secolo, come un insediamento dell’entroterra riminese di non trascurabile importanza demografica che gravitava già nell’orbita malatestiana.
Il borgo sorgeva lungo uno dei tanti crinali che collegavano il mare con l’entroterra e da cui facilmente si poteva raggiungere la “strata regalis”, che rappresentava nel medioevo una comoda alternativa alla Flaminia coincidente, approssimativamente, con l’attuale strada statale corianese.
La tradizione attribuisce a Sigismondo Pandolfo Malatesta la costruzione del castello di San Clemente inquadrandola nel generale riassetto delle fortificazioni del Vicariato avvenuto a partire dal 1432.
In assenza a tutt’oggi, però, di riscontri storici oggettivi, è più probabile ipotizzare che la costruzione o ricostruzione delle strutture difensive di San Clemente possano datarsi tra l’ultimo decennio del XIV secolo e la prima metà del XV, dato che le cronache locali riferiscono dell’assedio e della mancata conquista del castello da parte dell’esercito della Santa Sede guidato da Niccolò Piccinino.
A questa prima fase malatestiana risalgono probabilmente le esili torricelle pentagonali della cosiddetta “rocchetta”, ad Ovest, simili a quelle coeve del castrum di Mulazzano e della Tomba di Sant’Andrea in Besanigo, ed il portale centinato a sesto acuto Nord. Le tracce ancora visibili sui resti delle mura indicano la presenza di un beccatellato coronato da merlatura a protezione del cammino di ronda.
Nel 1463 il castello passò alla Santa Sede per poi ritornare in mano malatestiana a seguito della vittoria di Roberto Malatesta sulle milizie pontificie nel 1469. Sono gli anni in cui il nuovo Signore di Rimini, rinforzerà le strutture difensive del castello di Coriano e, presumibilmente, quelle di San Clemente. Qui farà costruire due torrioni poligonali muniti di poderose scarpate: uno a Sud Ovest, inglobando una torre quadrangolare più antica, ed un altro a Sud- Est (ora nascosto dalle case) a difesa della nuova torre portaia realizzata a ridosso della vecchia porta del castello e dotata ora di ponte levatoio.
Nella relazione del Provveditore Malipiero del 1504, redatta per conto della Serenissima le cui milizie avevano occupavano il Vicariato già dal 1503, si legge che San Cimento “dista dieci miglia da Rimini. È circondato da mura alte 8 passi con scarpe alte 3 ed ha una porta
con il ponte levadore”.
Nel 1509 Giulio II riconquistò San Clemente ed i territori circostanti per la Santa Sede. Le mura con le loro torri, perduta la loro funzione difensiva furono trasformate in luoghi dove facilmente recuperare laterizi e pietre da costruzione da rivendere poi ai privati sostenendo così le magre entrate pubbliche.
Nella notte del 25 dicembre 1786 un disastroso terremoto devastò il territorio riminese non risparmiando il castello di San Clemente: venne inviato pertanto da Pio VI l’architetto Giuseppe Valadier per redigere una perizia “de’ danni causati ai Castelli del Contado di Rimino ed a loro Annessi”.
Un secondo sciame sismico colpì il piccolo capoluogo nel maggio e nell’agosto del 1916 danneggiando l’abitato, la casa comunale e la torre portaia, già sopraelevata nel ‘700 e trasformata in torre civica.
Nell’immediato dopoguerra furono demolite e poi ricostruite parte delle mura mentre i torrioni poligonali tardo quattrocenteschi furono trasformanti in abitazioni.
L’amministrazione comunale a partire dal 2000 ha dato inizio ad una ampia campagna di restauro e valorizzazione del circuito del castello e del suo fossato.
A San Clemente resta un lato della Rocchetta con i suoi torrioncini pentagonali fatta erigere da Sigismondo Pandolfo Malatesta, la cinta del paese risulta ancora conservata in larghe parti come pure lo sono i due torrioni pentagonali. Accanto alla torre quadrangolare a Nord Ovest, adibita agli inizi del secolo scorso a macello, si trova una neviera realizzata presumibilmente dello stesso periodo.
La torre portaia, inoltre, conserva ancora ben visibili gli scassi per l’alloggiamento delle travi del ponte levatoio mentre sulle cortine limitrofe si segnala la presenza ancora dei merli alla ghibellina che coronavano le mura ora inglobati in una sopraelevazione.
Il tempo nel piccolo borgo è segnato su di un antico quadrante in pietra (XVIII sec.) e su di un recente quadrante in ceramica opera dell’artista riminese Giò Urbinati, entrambi collocati in cima alla torre civica.
Castelleale
Il borgo di Castelleale, ubicato a pochi chilometri dal castello di San Clemente, costituisce, assieme ad Agello, uno degli esempi di fattoria fortificata malatestiana (tumba) meglio conservati nel territorio riminese. Fondata nel 1388 dal vescovo riminese Leale Malatesta, figlio illegittimo di Pandoro Malatesta detto il Guastafamiglia, la fattoria sorge su una collinetta che le cronache del tempo descrivono provvista di “buoni campi e buone viti”.
Agli inizi del Quattrocento il piccolo insediamento fortificato, raccolto attorno da una corte quadrangolare, era difeso da un’alta cinta di mura merlate dominate da un’alta torre ed era circondato da un fossato. La fattoria risultava accessibile da Sud dove si trovavano due ponti levatoi con le relative porte, una carraia a sesto acuto ed una pedonale più piccola con arco trilobato, la postierla. Scrive P.G. Pasini ”sono archi bellissimi di disegno con ghiere sovrastate da una semplice ma raffinata decorazione”.
Nel 1430 Castellelale apparteneva a Sigismondo Pandolfo Maltesta, signore di Rimini, che lo venderà a Girolamo Rodolotto, per poi passare nelle mani di Girolamo Bedellotto veneziano.
Nel 1504 il Provveditore Malipiero, per incarico della Serenissima le cui milizie avevano occupato i territori riminesi, così descrive il piccolo borgo: “il castello dista un miglio da quello di San Clemente e nove da Rimini. Ha mura alte 10 passi ed una torre alta 130, al suo interno si trovano piccole fosse ed una buona casa mentre a est (vi sono) altre piccole casette di proprietà del signore. Questi è proprietario in quel luogo di 12 tornature di terra coltivate a vigneti ed ulivi mentre di grano ne produce poco”.
Nel 1511 Giulio II cedette il castello al Comune di Rimini ed alla fine del secolo le cronache attestano la costruzione della Parrocchiale del borgo che verrà poi restaurata all’inizio del XVII. La chiesa addossata alle mura nasceva dalla trasformazione di una porta castellana a mare anteriore al XIV secolo.
Castellelale venne colpita una prima volta dal terremoto nel dicembre del 1786 e poi nel 1816 ma sarà il passaggio del fronte ad arrecare i danni più ingenti alla fattoria fortificata quattrocentesca. Dopo i cannoneggiamenti dell’agosto del 1945 infatti, crolleranno la torre del castello, parte delle mura e la copertura della Parrocchiale.
Attualmente il pittoresco insediamento conserva ancora le eleganti porte quattrocentesche, di recente restaurate dall’Amministrazione comunale, resti delle mura e la dimora del vescovo Leale su cui è ancora visibile una lapide dedicatoria quattrocentesca in pietra d’Istria.
Agello
La prima menzione della Tomba di Agello risale alla fine del XIV secolo anche se una prima quanto sommaria descrizione del complesso è degli inizi del Quattrocento. La fattoria fortificata, a pianta quadrangolare, era difesa da mura segnate, agli angoli, da torri quadrangolari e pentagonali. Un unico accesso, a Sud, munito di ponte levatoio che scavalcava il fossato, permetteva l’accesso alla corte del castello. I documenti attestano qui la presenza di modeste case, di un “torexinum”, una piccola torre, e di fosse da grano.
Nel 1462 Sigismondo perde il Vicariato di Rimini e con esso anche Agello; il piccolo insediamento nel Cinquecento passa in mano veneziana per poi tornare alla Santa sede nel 1509. Nel XVII secolo, all’interno del borgo viene eretto il piccolo Oratorio dedicato a San Rocco poi trasformato in abitazione.
Anche questo piccolo borgo fu danneggiato dai terremoti del 1786 e del 1816. Agli inizi del XX secolo venne autorizzata, dall’allora Soprintendenza ai Monumenti, la demolizione dell’arco di accesso alla fattoria fortificata mentre è della fine secolo il crollo della torre che segnava l’accesso all’abitato, ora ricostruita.
Dell’antico borgo murato, ora oggetto di interventi di valorizzazione e restauro pubblici e privati, sopravvivono i ruderi di un torrione poligonale d’angolo a Sud e di una torre quadrata a Nord-Est mentre le restanti strutture fortificate sono state accorpate all’edilizia minore sorta a ridosso del complesso malatestiano.